Parliamo di nevi, che una volta erano considerati solo un segno di bellezza, mentre oggi sappiamo che possono essere alla base di problemi di salute anche molto gravi. E parliamo di come questi vengono esaminati grazie all’uso di strumenti sviluppati con l’obiettivo di valutarli e tenerli sotto controllo, soprattutto per quanto riguarda i nevi sospetti.
Ma quando un neo deve far scattare un campanello d’allarme? Quali sono i segnali da tenere sempre bene in considerazione? Quali sono i potenziali rischi? Quanto è importante tenere sotto controllo i nostri nevi per monitorarne possibili sviluppi, e con quale frequenza dovremmo farlo? Ne parliamo con il Prof Francesco Bruno, fondatore della Società Italiana di Dermatologia Plastica Oncologica e noto dermatologo a Milano, considerato un esperto di nevi e melanomi.
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Caro professore, dal suo prestigioso curriculum si nota che lei è stato il primo dermatologo in Italia a praticare la dermatoscopia.
In effetti nel 1980 ho imparato questa tecnica alla famosa scuola del Prof. Otto Braun-Falco alla clinica dermatologica di Monaco di Baviera, inventore del primo dermatoscopio portatile.
In cosa consiste questa tecnica?
Come tutte le grandi scoperte in medicina, si basa su un principio molto semplice: grazie ad una doppia lente (luce polarizzata), è possibile esaminare il nevo ad un forte Ingrandimento, riuscendo a vedere minime variazioni, che non potremmo mai notare ad occhio nudo o con una semplice lente. La parola “scopia” significa appunto ingrandimento.
È dunque una tecnica non invasiva?
Esattamente. Si appoggia una speciale telecamera sui nevi da esaminare.
Perché viene chiamata videodermatoscopia?
Perché l’immagine ingrandita si vede sul video. Visibile quindi sia al dermatologo, sia al paziente.
Quando un paziente deve sottoporsi alla videodermatoscopia?
Diciamo che qualsiasi soggetto, che presenta pochi o molti nevi nel corpo, è prudente che si sottoponga a questa importante metodica diagnostica.
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Ci sono dei segnali di allarme che ci devono indurre a praticarla?
Non li definirei d’allarme, bensì di attenzione. Sono contrassegnati dalle prime 5 lettere dell’alfabeto.
A – asimmetria
B – bordi irregolari
C – colore non uniforme o troppo scuro
D - dimensioni superiori ai 6 mm di diametro
E - emorragia (sanguinamento) ed evoluzione nel tempo
Che significa evoluzione nel tempo?
Di tutti i punti esposti, penso che sia, in assoluto, il più importante. Il nevo può cambiare di colore, forma o dimensione e non sempre il paziente se ne può accorgere da solo. Ma grazie, alla videodermatoscopia digitale, il dermatologo registra l’immagine nel computer per poterla poi confrontare con le successive mappature.
Cosa si fa quando un nevo è sospetto?
La terapia è chirurgica. È un intervento ambulatoriale, breve e molto semplice. Ovviamente il nevo sospetto va sempre esaminato istologicamente.
Ci puo’ dire qual è la prognosi del melanoma?
Direi veramente ottima, proprio grazie a questa metodica. Il melanoma in situ o al primo stadio, una volta rimosso chirurgicamente, guarisce definitivamente. Soli 10-15 minuti di intervento possono salvare una vita.
Quanto dura l’esame dermatocopico?
Da 40 minuti ad un’ora. Dipende dal numero di nevi da esaminare.
Con che frequenza va praticata la mappatura dei nevi?
È consigliabile una volta l’anno. Per i pazienti che hanno avuto un melanoma, o presentano una familiarità, è meglio praticarla ogni sei mesi.
Ringraziamo il Prof Francesco Bruno per averci concesso questa intervista.
Leggi l’intervista completa su Margherita.net e Adversus.it